In morte di Ferdinand Piech

Prof. Dr. Ferdinand Piëch (*1937; † 2019)

Poche persone, dopo la lenta e inesorabile erosione dei piccoli produttori, hanno saputo portare avanti una gestione aziendale in cui grande design, innovazione e un pizzico di follia, si siano potute fondere con ottimi risultati economici. Pochissime tra queste hanno potuto resistere nel tempo come Piech, la cui prima grande opera, ovviamente la 917, risale a ben cinquant’anni fa. Un triste modo per omaggiare l’anniversario dell’auto e della carriera del suo ideatore. Celebre l’episodio, spesso riportato, della costruzione delle 25 necessarie vetture per l’omologazione in pochi mesi, con conseguente ispezione finale del comitato FIA, per verificarne l’effettiva funzionalità. Piech fornì su un vassoio tutte le chiavi per le vetture, facendo scegliere al collaudatore quale preferisse provare. Bisogna ricordare che ai tempi, nonostante il grande successo della 911 e della 356, Porsche poteva considerarsi un piccolo produttore, alla ricerca del grande trionfo alla 24 ore di Les Mans, di cui tutt’ora mantiene il record di vittorie. Al termine dell’episodio molti si scordano di dire che pur essendo funzionanti, a molte vetture mancavano le sospensioni: fortunatamente il collaudatore ne scelse una completa.

Quest’episodio è toccato anche a noi da ripetere perché mostra due aspetti d’istantanea comprensione della vita di Piech: il primo è quello più celebrato, del grande ingegnere -ricordiamo il più brevemente possibile che suo nonno era Ferdinando Porsche e suo zio Ferry Porsche: i Porsche si chiamano tutti Ferdinand e Anton- e progettatore, non solo d’auto ma di intere aziende. Tuttavia l’episodio aggiunge quel pizzico d’atteggiamento di sfida, di fantasia, di rischio che è molto raro trovare nei moderni manager d’industrie automobilistiche. Nella sua lunga carriera (che non staremo qui ad accorciare in qualche riga: chi la vuole leggere, se la legga altrove, a noi ridurre la vita di un tale uomo in una sterile serie di date e aziende ci pare riduttivo) di azzardi ne ha commessi parecchi, quasi tutti coronati da successi, fino a giungere a vedere il gruppo Volkswagen come primo produttore mondiale. Ciò che sorprende però è che tale gruppo sia composto da un’insieme eterogeneo come nessun altro, ma al contempo perfettamente bilanciato. Basti citare la Bugatti Veyron, per cui Piech decise i tre numeri: 400, 3 e 1000. Il lettore sa a che limiti corrispondano.

Questo brevissimo pensiero non basterà certo  a rendere il dovuto onore allo scomparso, magari approfondiremo il rapporto tra Piech e alcune delle sue creature in futuri articoli, certamente ne ricorderemo la figura, un gigante nell’automobilismo e forse ultimo faro per un certo tipo dello stesso: vedremo più follie come la Veyron? Il mote W? Una nuova 917? Le case automobilistiche sono più impegnate ad affrontare accordi, fusioni, ristrutturazioni finanziarie. Piech era un uomo con una missione più semplice: gestire il più grande gruppo del mondo. Ci è riuscito costellando la propria lunghissima carriera di successi sportivi e auto incredibili, fatto questo più unico che raro.

Grazie Dr. Ing. Piech


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