
Poche tra le Case in questa serie di articoli hanno avuto il successo dell’Amilcar, la cui parabola, a differenza di altri piccoli e piccolissimi costruttori, ha un apice che viene ancora oggi riconosciuto tra gli appassionati. Intendiamoci: se fosse una grande azienda non sarebbe qui, però la storia di questa creazione tutta francese è più che meritevole d’esser raccontata, specialmente per la velocità con cui riesce a imporsi nel panorama automobilistico e nelle competizioni. Pur non raggiungendo mai successi nelle più alte serie, è riuscita a conquistarsi un posto nel cuore di moltissimi appassionati d’oltralpe
Fondata a Saint-Denis nel 1921, come Société Nouvelle pour l’Automobile Amilcar, l’azienda è il frutto dell’incontro di due imprenditori: Lamy e Akar. Se i due nomi vi suonano melodiosi è perché Amilcar è il fantasioso anagramma della fusione dei due. Posizionandosi subito in uno dei mercati più forti per i francesi, Amilcar introduce nel ’22 la sua prima voiturette, la piccola CC, con motore da quattro cilindri e 903 cc. Il lavoro del progettista Boyet piace e in pista funziona, il successo per la casa sembra dietro l’angolo, ma, come abbiamo detto, il mercato delle piccole sportive era tra i più agguerriti in Francia negli anni venti e Salmson la fa da padrone.
Nonostante la concorrenza, la CC riesce a imporsi in numerose competizioni minori, brillando in particolare modo al Bol d’Or del ’22. Tentando di migliorare l’auto la cilindrata viene portata a 985 cc per la CS e a 1.004 cc per la C4, ma il meglio doveva ancora venire.
Nel ’24 viene presentata la più famosa delle Amilcar, la magnifica CGS, un capolavoro di leggerezza e un concentrato di tecnologia, con freni su tutte e quattro le ruote e cilindrata ulteriormente maggiorata rispetto alle versioni precedenti; raggiunge ormai i 1.094 cc, ben 200 in più rispetto all’auto del ’22.
Manca ancora qualcosa però e per raggiungere le prestazioni necessarie al successo non rimangono che due strade: stabilità e potenza. Amilcar intraprende la prima, realizzando l’auto più di successo della sua storia, la CGSS, dove la seconda S, come per molti altri brand francesi del periodo, significa surbassé. Salmson viene finalmente battuta.
Nel ’26 un’ulteriore trasformazione: l’introduzione della G6, un’auto sportiva a sei cilindri con preparazione Gran Premio da 83 CV, tenta il grande balzo, ma non raggiunge i risultati sperati
Oltre alle vetture da corsa Amilcar inizia a metà degli anni venti la produzione di mezzi da turismo, con carrozzerie sempre leggere ma cilindrate maggiori, tra i 1.187 della tipo L e la 1.580 della tipo E. Il successo però non è lo stesso che sulle piste, tanto che l’azienda tenta di mescolare le carte in tavola introducendo l’unica otto cilindri che abbia costruito, con cilindrata di poco inferiore ai due litri. Le vendite però non decollano e le corse costano, l’azienda decide quindi di orientarsi maggiormente verso le auto commerciali verso la fine degli anni venti. Come tutti i costruttori, Amilcar è pesantemente colpita dalla Grande Crisi, tanto che nel ’37 è incorporata dalla Hotchkiss che ne trasferisce la produzione nei propri stabilimenti, continuandola fino al ’39. In questo periodo viene prodotta l’interessante Compound, un’auto con scocca in lega d’alluminio e trazione anteriore, tuttavia quest’ultimo modello non raccoglie il consenso necessario a mantenere a galla l’azienda.
Occorre citare infine due ulteriori punti nella storia della società, punti che se ne situano in realtà al di fuori. In primo luogo occorre citare Amilcar Italiana, vale a dire un progetto di espansione (e che coraggio! Un’espansione dopo due anni di attività: ma erano i ruggenti anni ’20) intrapreso dall’azienda francese che prevedeva la costruzione in uno stabilimento lecchese di alcune vetturette dedicate al mercato italiano. L’azienda, pur godendo di una discreta produzione annua, venne ceduta poco dopo alla veronese S.I.L.V.A. continuando a produrre piccole automobili fino alla definitiva uscita dal mercato dovuta alla crescita di FIAT nel settore. Il secondo punto riguarda i successi sportivi dell’impresa, che continuarono ben dopo la chiusura delle fabbriche: i modelli Amilcar rimasero infatti competitivi per tutti gli anni ’40, un periodo in cui, a causa delle distruzioni della guerra, alcune auto degli anni ’30 si rivelarono più che competitive. Le auto Amilcar erano tra queste.