A meno che non si possieda un bel jet privato l’autodromo di Le Mans è piuttosto scomodo da raggiungere provenendo da Milano. Eppure ciò è di una irrilevanza assoluta. Alla Le Mans Classic bisogna andare e siamo andati. E’ quasi un imperativo vista l’importanza che questo evento ha assunto, la qualità delle auto che vi prendono parte, l’ambiente che viene a crearsi e l’immersione totale in uno dei circuiti più leggendari di tutti i tempi.
Con un’affluenza record di 135.000 persone è stata un vero successo e sopratutto un’autentica gioia da vivere. L’organizzazione sempre impeccabile -necessaria per un’evento di questa scala- ha permesso di vivere non solo una corsa, ma l’esperienza dei paddock, tra i piloti, in mezzo alle vetture che strisciavano rombanti tra le vie per raggiungere il circuito vero e proprio. Del resto non ci sono solo le 400 e più vetture in corsa a Le Sarthe che animano la gara: ci sono le 24 stelle dell’Heritage Club, gli omaggi a Porsche, Jaguar e Alpine, le 8.000 -ottomila, incredibile- auto portate dai club. C’è la Storia, le Leggende, i Grandi dell’automobilismo; tutti con la maiuscola, perché non può che essere necessaria quando si vedono sfrecciare bolidi del genere.
Va tuttavia tenuto a mente che pur con tutta la buona volontà che ci animava, fare 36 ore filate di auto al 100% delle proprie capacità è veramente impossibile. Ogni tanto qualche crollo c’è stato… Ma la stanchezza, il caldo e la fame alle 4.00 di notte non possono che avere una breve vittoria, dopo essersi fatti un giro nel paddock della classe 5, tra una 917 e una 512, si torna con maggior voglia di prima e si ricomincia a cercare l’angolazione migliore sulle curve per poter ammirare le fiammate della Breadvan.
Questo interessante mix di azione in pista e visita ai paddock rende veramente senza sosta questa esperienza, cosi come fa sorridere ammirare da vicino i gladiatori che tanto si son dati battaglia nell’arena scambiarsi battute e consigli nelle tende, tra un po’ di riposo e l’affilatura delle armi per il round successivo.
L’unica pecca è stata la calura che ha reso veramente difficili gli spostamenti -per fortuna favoriti con lungimiranza dall’organizzazione con la disponibilità di un trenino e dai bellissimi bus d’epoca che collegavano le curve principali- nonché il godersi la bellissima asta di Artcurial: la temperatura e l’umidità nello stand erano veramente da foresta tropicale.
Non si può però racchiudere in poche righe un evento cosi incredibile, prestigioso e ricco. Perciò gli articoli che arriveranno su questa pagina non potranno che coprire parzialmente l’evento, ma uniti permetteranno di rivivere -sebbene tramite una pallida copia- questa incredibile manifestazione. Perlomeno questo sarebbe l’obiettivo -decisamente ostico, ma per nulla sconfortante- che ci poniamo.
Buona lettura
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