Abbiamo visto in un precedente articolo che quando Heinrich Ehrhardt decise di separare la Wortburg (poi chiamata Dixi) dal conglomerato industriale di cui era a capo, la nuova casa indipendente crebbe fino ad essere assorbita dalla BMW, fornendole il Know-how necessario ad entrare nel mercato automobilistico. Non abbiamo però trattato del destino della Ehrhardt, a quel punto presieduta dal figlio Gustav.
Quest’ultimo, decidendo di non abbandonare del tutto il sempre più forte settore automobilistico, scommette sulla costruzione di vetture di qualità, abbandonando il precedente assioma delle voiturette, per passare alla produzione di auto di alta qualità a due e quattro cilindri. L’esiguo numero di pistoni non deve trarre in inganno: il motore più grande poteva contare su una cilindrata di ben otto litri ed era direttamente derivato dall’auto da corsa che rappresentava la casa alla Kaiserpreis del 1907. Nella versione stradale poteva addirittura contare –prima auto tedesca- sui freni sulle quattro ruote.
Anche durante la prima guerra mondiale, fatto piuttosto strano, la Casa riesce a continuare una linea di vetture di alta gamma, realizzando nel 1918 due modelli di lusso a quattro e sei cilindri. L’azienda sopravvive quindi al conflitto e anzi riesce ad approfittare dell’uscita di scena della Szabo & Wechselmann per acquistare a prezzo stracciato la licenza della loro Swaze 10/50, uno dei modelli di maggior lusso dell’epoca guglielmina. I tumultuosi anni del primo dopoguerra tedesco e l’inflazione galoppante minano però seriamente le finanze dei facoltosi clienti. La Casa si ritrova costretta a ripiegare sulla produzione su licenza di alcuni modelli di Amilcar, prima di soccombere definitivamente nel 1927