Il nostro percorso attraverso le grandi vetture della scuderia serenissima non può che compiere una dovuta sosta per ammirare un’auto straordinaria come la Spyder del ’66, battuta per la bellezza di quattro milioni di euro all’asta organizzata da Artcurial a Retromobile questo febbraio, battendo una stima massima di 1,8 milioni. Prima di cimentarci nella consueta descrizione della protagonista è bene sottolineare come l’auto in questione sia un esemplare unico -l’altra Spyder è andata distrutta- che ha partecipato a una delle più mitologiche 24 ore di Le Mans rimanendo da allora in garage nelle mani dello stesso proprietario e costruttore. Un’auto veramente unica.
Le basi di questa vettura sono nella splendida 308 V, una berlinetta anteriore di cui sopravvivono una manciata di magnifici esemplari, realizzata -come tutte le prime vettura della Serenissima- per un uso su strada e un futuro sviluppo su pista. Quella di cui stiamo trattando è l’evoluzione massima per il tracciato: in effetti questa Spyder chiude in un certo senso il primo arco tracciato nelle vetture completamente originali realizzate dal conte Volpi, le auto successive saranno prototipi di gran turismo, come le già citate GT Ghia e Agena. Il motore di quest’auto è un V8 da 3,5 litri progettato da Massimino, come pure il cambio, in grado di erogare più di 300 cavalli, molti se pensiamo che tutta la vettura pesa poco più di 900 kg. E’ interessante inoltre notare come questa sia a tutti gli effetti una vetture da strada riadattata all’uso da pista: originalmente l’auto montava paraurti e perfino ruote e raggi, sostituite da queste magnifiche campagnolo.
Tuttavia le pur buone prestazioni non hanno permesso all’auto di sopravvivere alla difficilissima gara d’endurance, ritirandosi dopo cinque ore a causa di un guasto. Trattandosi di un’auto in stato estremamente originale, una vera e propria capsula del tempo, si conservano ancora i documenti di gara, tra cui spicca una multa per ritardo nella verifica del peso e diverse ammende per la mancanza dell’estintore e di altri oggetti. L’unico elemento che non fa bella mostra di se sulla carrozzeria è il numero di gara, vale a dire un bel 24 in campo bianco, di cui rimane solo il campo bianco: segno evidente dell’intento del Conte di correre ancora con questa vettura. Sfortunatamente non fu così e l’auto in questione è rimasta da allora nella collezione privata di Volpi, garantendole la massima originalità possibile ma anche la necessità di un restauro conservativo in grado di assicurarne l’heritage e insieme la possibilità di prendere parte alle più prestigiose competizioni d’auto storiche. Chissà che non la vederemo l’anno venturo sfrecciare ancora una volta sul circuito di la Sarthe? A giudicare dal prezzo pagato pare che il proprietario sia ben motivato…