Tra le vetture che da sempre compaiono sulla lista che ognuo ha delle auto doverose da ammirare almeno una volta nella vita, figura certamente la protagonista di quest’articolo. Per anni abbiamo potuto ammirare repliche -più o meno ben fatte- della mitica Ferrari-killer della casa di Gaydon, ma nonavevamo ancora potuto vederne una originale. Compariva dunque sulla lista delle sfuggevoli vetture prodotte in serie molto -ma molto, solo 5 esemplari di DBR1 e 2 di DBR2- limitata a cui non si può che pensare con un misto di desiderio e di indignazione, insieme a un po’ rabbia e a un pizzico di invidia per i visitatori di quegli eventi a cui queste auto partecipano. La stessa sorte tocca a due modelli Ferrari molto cari ai collezionisti: 375 Plus e 330 P3 e P4. Ma abbiamo fiducia nel tempo, prima o poi vedremo una di queste vetture.
Certamente l’emozione quando si incrocia su un verde prato una di queste vetture a lungo sognate e sperimentate in repliche perfette, che certo permettono la degustazione visiva ma minano l’orgoglio di adagiarsi sulle repliche, non può che accompagnarsi alla sensazione di pienezza che si ha quando si ammira qualcosa di così a lungo sognato. O perlomeno noi ci siamo sentiti cosi di fronte a questa magnifica DBR1, nei giardini di Chantilly.
Partiamo dal principio, dal nocciolo dell’articolo, dalla storia di quest’auto, unica tra le DBR1 a non aver mai corso alla 24 re di Le Mans. Quel che potrebbe sembrare una penalizzazione sul piano economico, come in effetti è, si tramuta in un fattore d’originalità fondamentale, dato che molte tra le DBR1 sono state danneggiate o rimaneggiate nelle varie competizione a cui hanno preso parte, prima nella scuderia ufficiale e poi in quelle private; al contrario questa si mantiene altamente fedele all’uscita di fabbrica. Una vera macchina del tempo che testimonia il desidero di Gaydon di affermarsi nella più importante gara del mondo, dopo i tentativi mal riusciti della DB3 e della DB3S.
Splendidamente nel 1959 Aston Martin trionfa portandosi a casa primo e secondo posto e affermandosi su una delle vetture più iconiche, meglio riuscite e formidabili di tutti i tempi: la Ferrari 250 Testarossa. La vittoria alla 24 ore però, unitamente alla ricerca del successo in Frormula 1, porterà al dissesto finanziario e alla vendita da parte di David Brown.
Dal punto di vista ingegneristico, la DBR1 rappresenta uno dei vertici dell’automobilismo degli anni ’60, di cui simbolicamente chiude il decennio, con una linea sinuosa, un motore sei cilindri in linea da tre litri, con un cambio a cinque rapporti, mentre la Testarossa contava su un motore simile ma un cambio a sole quattro marce.
La linea magnifica dell’auto contiene tre delle più belle espressioni di bellezza automobilistica di sempre: il laterale, stupendo, vivo e teso, dinamicissimo; l’anteriore con gli iconici quattro fari e l’ampia griglia; la presa d’aria laterale, capolavoro di proporzioni. Quest’ultimo dettaglio è forse la nostra parte preferita di una vettura -tranne per il posteriore- assolutamente perfetta: il mondo in cui la cromatura sovrasta le due branchie verniciate accompagnando ed enfatizzando la forma triangolare, morbida e quasi vegetale di un componente semplice e funzionale come una presa d’aria è un piccolo capolavoro. In poche parole, la DBR1 è una delle auto più belle del mondo, con una storia gloriosa e ricca di successi: ne è valsa l’attesa.
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