CEMSA

Non un bel nome per una marca di auto, infatti l’azienda è nata per tutt’altro e, in un disperato tentativo di sopravvivere, ha progettato quella che sarebbe stata una bellissima vettura, se fosse mai entrata in produzione. L’azienda, nonostante il rapido fallimento nell’esperienza automobilistica, iniziò la sua attività nel 1925 nei grandi mezzi mezzi di trasporto e, dopo essere passata tra le mani dell’IRI, approdò infine nell’universo della famiglia Caproni. Il nome è in realtà l’acronimo di Costruzioni Elettromeccaniche di Saronno, ma dal ’36 la “C” sarebbe in realtà stata per Caproni.

Durante il secondo conflitto mondiale lo stabilimento opera nella costruzione aeronautica, ma finita la guerra si ritrova nella posizione di dover convertire macchinari e manodopera. Per farlo vengono chiamati alcuni progettisti, tra cui l’ing. Antonio Fessia, già padre della FIAT 500 Topolino.
Tra le innovazioni che l’ingegnere sperimenta nel prototipo della CEMSA F 11 emergono alcune soluzioni che riprenderà anche nelle successive opere, tra cui il motore boxer quadri cilindrico anteriore che ricomparirà anche sulle Lancia Fulvia e Flavia. In questo caso il propulsore era un 1.100 cc, con una potenza di 46 cv.

La carrozzeria dei prototipi, aperta e chiusa, sempre opera di Bertone, è una di quelle piccole perle degli anni ’40, quasi completamente dimenticate, ma che rappresentano un necessario anello di congiunzione per i grandi capolavori del decennio successivo. L’auto ottenne anche un discreto successo alla presentazione, avvenuta al salone di Parigi del ’47, con un futuro che sembrava ormai roseo.

Nei due anni successivi l’azienda si ritrova a fronteggiare una serie di inconvenienti, in buona parte relativi all’acquisto dei necessari macchinari, che posticipano l’inizio della produzione e alla fine minano la solidità dell’azienda stessa. Dopo essere stata messa in liquidazione, l’azienda si trova in un limbo per alcuni anni a causa dell’interessamento di Minerva, storica azienda automobilistica belga, che solo alla fine del ’53 abbandona i disperati tentativi di rintrodurre sul mercato una propria vettura.

Le foto nell’articolo sono di MLWatts


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