Brewster

La storia di questo costruttore è la storia di due industrie, una esponente di un mondo in declino, l’altra di un mondo in arrestabile ascesa. Brewster è un nome che dice poco o nulla oggi, ma ancora all’inizio del secolo scorso era il più rinomato costruttore di carrozze nel nuovo mondo, con uno speciale apprezzamento nella zona di New York, e vent’anni dopo sarebbe diventato uno dei più noti costruttori automobilistici di Manhattan, con stabilimenti a Long Island.

La lunghissima storia dell’azienda cominciò nel 1810 in Connecticut, da cui si espanse velocemente in tutti gli stati degli allora giovanissimi USA per diventare verso fine secolo il costruttore più prestigioso per l’alta società statunitense. In particolare lo showroom di New York, aperto nel 1827, avrebbe rappresentato per i successivi 120 anni il cuore dell’azienda, grazie alla lista di facoltosi clienti che si era andato piano piano costruendo. Tra questi si possono annoverare alcune delle più importanti famiglie statunitensi, come Vanderbilt, Astors, Morgan e Rockfeller: ogni famiglia aveva un proprio colore e Brewster conservava in un registro tutte le specifiche delle precedenti carrozze.

Rolls Royce carrozzate da Brewster. Foto di Chopper, Motohide Miwa e

Al termine del XIX secolo l’azienda, rivolgendosi alla nascente industria automobilistica, sperimentò nel 1896 una piccola vettura elettrica, per poi dedicarsi stabilmente all’importazione delle francesi  Delaunay-Belleville. Tuttavia è con la produzione di lussuose carrozzerie che l’azienda decolla nel settore delle automobili, costruendo una particolare relazione con il ramo americano di Rolls Royce, a Springfield. Sono questi gli anni in cui venne anche ideato il parabrezza omonimo, in grado di smorzare le luci troppo forti di notte.

Foto di Tim Taylor e Michael Barera

Durante il primo conflitto mondiale, e segnatamente dopo l’affondamento del Lusitania e una decisa riduzione di importazione di auto dall’Europa, Brewster decise di iniziare la costruzione in proprio di vetture di lusso, utilizzando motori a quattro cilindri Knight e l’iconico radiatore ovale. Le auto riscossero immediato successo e per i successivi dieci anni rimasero in produzione senza notevoli cambiamenti. Simbolo dei ruggenti anni ’20, le auto -e i proprietari- calarono di popolarità con lo scoppio della grande depressione e l’azienda, sull’orlo del fallimento, venne rilevata nel 1934 da J.S. Inskip, ex presidente della defunta Rolls Royce of America.

Foto di Chopper

Inskip fondò quindi la società Springfield Manufacturing Company, con stabilimenti nella vecchia sede Rolls Royce, iniziando a realizzare vetture con lo chassis della Ford V8. Il design dell’auto, ovviamente realizzato internamente, non è dei più riusciti, ma è senza dubbio uno dei più iconici nell’America degli anni ’30: estremamente affilato e appuntito, il muso dell’auto è arricchito da due parafanghi stilizzati. L’auto fu un vero successo al Salone di New York di quell’anno e venne immediatamente recepita come uno dei primi segnali della ripresa economica. In breve tempo la riserva di 135 Ford finì e altre auto vennero approntato a partire dagli chassis di altri produttori, come Cadillac e Rolls Royce. Nonostante la materia prima di pregio, le carrozzerie rimasero la parte più preziosa della vettura e l’attività di carrozziere non venne del tutto eliminata.

Per qualche tempo l’azienda rimase profittevole, anche grazie all’attenzione posta da Inskip nel pubblicizzare la vettura attraverso le celebrità di New York, producendo in totale 300 vetture. Questo periodo dorato ebbe però breve durata: nel luglio del ’35 l’azienda è ormai al collasso e i vertici decidono di dichiarare bancarotta anticipatamente. L’immortale Inskip riesce invece a diventare distributore ufficiale Rolls Royce.


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