Nella galleria di teste coronate che più hanno fatto per il mondo dell’automobilismo figura certamente quella di Leopoldo III, grande appassionato del mondo delle corse ma anche delle gran turismo fuoriserie. La figura del carismatico sovrano merita certamente un capitolo a parte, così pure come la sua più ampia passione per le automobili, ma vorremmo dedicare quest’articolo a una delle sue più celebri: la Bugatti T59, telaio 57248.
Avendo l’auto uno dei design più iconici degli anni ’30, la sua fama, specialmente nel mondo Bugattiste, la precede, eppure poco si sa della sua magnifica storia. Il fatto che sia recentemente passata di mano per una cifra vicina ai dieci milioni di euro (nuovo record per una T59) contribuirà certamente ad aumentarne la fama. Del resto, abbiamo voluto aprire con il proprietario che ne ha definito l’aspetto attuale, ma la storia dell’auto risale a qualche anno prima, al 1934, in cui era una delle T59 gestite direttamente dalla casa e data in mano a uno dei più grandi piloti dell’epoca René Dreyfus.
Questa prima vita dell’auto ha due vertici: un terzo posto al Gran Premio di Monaco del ’34 e un primo posto al Gran Premio del Belgio, a Spa. Chissà se già in quell’occasione il re ebbe modo di ammirare l’auto che sarebbe stata sua. Potrebbe essere, ma era piuttosto differente rispetto a come la vediamo oggi. Essendo una vettura ufficiale era rigorosamente blu e senza parafanghi, una vettura da Gran Premio a tutti gli effetti, anzi: l’apice della catena evolutiva delle Bugatti da corsa a ruote scoperte. Dopo gli anni dominati da Alfa Romeo, La Marque avrebbe presto ceduto allo strapotere delle tedesche che avrebbero dominato per cinque anni sui circuiti di tutto il mondo. Non si può tuttavia guardare solo con malinconia a glorioso ritiro di Bugatti dai Gran Premi, infatti la passione per le corse rimase un carattere distintivo e sarà convogliata, con grande e meritato successo, nelle competizioni per vetture sport e che vedrà coronati anni di sviluppi (in particolare ad opera di Jean Bugatti, che morì proprio testando un’evoluzione delle 57G) in due vittorie a Le Mans.
Perché questa digressione sulle corse Sports? Ovviamente perché dobbiamo affrontare la seconda vita dell’auto. Una volta divenuta poco competitiva nei Gran Premi, Bugatti rimise mano alla vettura, decidendo di omologarla alle competizioni appunto Sports, il che significava una serie di modifiche alla carrozzeria, spicca l’aggiunta dei passaruota, e alle componenti meccaniche, tra cui l’eliminazione del compressore e la sostituzione del cambio. La potenza rimane elevatissima e le prestazioni lo dimostrano, l’auto si impone facilmente nella stagione del ’37 nelle mani di un altro dei grandi piloti dell’epoca, Jean-Pierre Wimille. Nonostante molte controversie legate all’uso di un’auto del genere nel campionato sportivo -l’auto era in regola ma evidente lo spirito non era quello delle concorrenti- l’auto corre e miete un successo dietro l’altro, a nulla valgono le lamentele di Delahaye, che arriva a proporre di boicottare le competizioni. Si noti bene: l’auto dopo la trasformazione adotta un numero di telaio stradale, 57248.
Ricapitoliamo: terzo posto a Monaco e primo a Spa, campionessa europea nel ’37. Cosa può succedere adesso? Ovviamente quello che solo nella Vecchia Europa può succedere, arriva un principe su un cavallo bianco. Il principe in questo caso è già re, Leopoldo III del Belgio è salito al trono nel ’34 quando già da anni era uno dei più importanti clienti di Bugatti. Nel ’35 il celebre incidente in Svizzera, mentre è al volante di un’Hispano-Suiza sulle montagne di Lucerna, in cui muore l’amatissima regina Astrid. Nonostante il trauma e il perentorio “i re devono fare i re e non condurre automobili” di Pio XI, Leopoldo non perde il vizio e nel ’39 acquista questa vettura, sebbene altri sostengano venne regalata direttamente da Ettore e altri ancora che fosse stata barattata con una T51. Quanto il re l’abbia usata non ci è dato sapere; l’auto venne infine acquistata nel ’67, quando già da qualche anno si trovava ferma nei garage del castello d’Argenteuil.
Da allora solo altri due proprietari l’hanno posseduta, tre con il fortunato vincitore del lotto 004 dell’asta Passion of a Lifetime, ospitata da Gooding & Co. Il prezzo è inutile ripeterlo: in auto del genere il valore non può certo essere stimato in euro: strano a dirsi, il valore si misura in amore. Si misura per come un’auto è stata guidata, per come è stata mantenuta, per come è stata restaurata. 57248 è una delle vetture meglio conservate di Bugatti e di cui si conosce meglio la storia. Un’auto unica
Per chi volesse approfondire la storia della vettura, rimandiamo al sito di Bugatti Revue, che cita un articolo di Classic & Sports Car magazine. La foto in apertura è di David Merrett