Nella confusione del secondo dopoguerra sono stati molti i costruttori che, più con buona volontà che con mezzi adatti, hanno tentato di introdurre sul mercato l’auto che avrebbe rivoluzionato il concetto stesso del viaggiare. Sfortunatamente ci furono anche numerose aziende per cui questo bel sogno fu solo il pretesto per poter lucrare sugli aspiranti clienti. La storia che ci accingiamo a raccontare è del secondo tipo, pur avendo avuto un’ottima base e forse anche buone intenzioni, la ALCA (Anonima Lombarda Cabotaggio Aereo) finì con una truffa da ben 300 milioni di lire!
Fondata a milano nel 1947, l’obbiettivo dell’azienda era di introdurre un concorrente in grado di scalzare il dominio della FIAT Topolino nella fascia più bassa del mercato. L’auto pensata per assolvere questo arduo -e in realtà impossibile, se non per la stessa FIAT con la nuova 500- fu la Volpe, una microcar spider con proporzioni piuttosto dubbie, ma innovazioni di primo piano. Innanzitutto occorre ricordare che la vettura venne progettata da Giochino Colombo, celebre per ben altro, tra cui il motore montato da alcune famose vetture rosse, mentre la carrozzeria fu disegnata da Flaminio Bertoni, anche in questo caso non si trattava del miglior risultato del designer naturalizzato francese. Il motore dell’auto era un umilissimo bicilindrico a due tempi da appena 124 cc: la potenza di 6 cv era appena sufficiente a spingere la leggerissima vettura -meno di 150 kg!- a 75 km/h .
Nonostante queste premesse la vettura venne iscritta alla 1000miglia in una fantomatica versione turbocompressa, non presentatasi sulla griglia di partenza… Già questo sarebbe potuto essere indizio della non proprio massima affidabilità dell’azienda, ma la presentazione ufficiale della Volpe, con la partecipazione del comico Macario e un grande successo di stampa, spinsero moltissimi aspiranti acquirenti a versare una caparra per la vettura. Della complessa vicenda giudiziaria che seguì sia sufficiente dire che solo 100 vetture vennero effettivamente consegnante e che la stima della truffa si aggirava su una cifra superiore a cinque milioni di euro attuali sul solo mercato italiano, in aggiunta si dovrebbe contare il danno subito dalla Gemicar Internacional Auto, un’azienda spagnola che aveva già comprato la licenza per il mercato locale, il Sud America e le colonie.
Il risultato di questa triste vicenda ha svilito un’auto che avrebbe sicuramente meritato più attenzioni, ma a cui è riconosciuto il merito d’esser stata tra i precursori di quel genere di microcar che sarebbero in seguito esplose come Bubblecar negli anni ’50.
Foto in apertura di Maurizio Boi