Con la festa di Halloween ormai alle spalle la mente ci è corsa a quelle auto che più che un dolcetto rappresentano uno scherzetto che qualche simpatico produttore ha deciso di tirare a coloro che usano ingenuamente le strade. La storia dell’auto è sfortunatamente costellata di vetture che sembrano più degli esperimenti biologici mal riusciti che delle vere e proprie automobili, più dei disegni di bambini che oggetti di metallo. Ma, come scrisse Montale, la storia non è magistra di niente che ci riguardi. E’ inutile cercare di imparare, si sbaglierà da altre parti e in un ambiente come questo si può sbagliare in infinite direzioni. Tuttavia c’è errore ed errore: è incredibile che alcune vetture siano entrate in produzione, assurdo che non siano stati licenziati i responsabili e, in alcuni casi, messi in prigione per offesa al pubblico decoro. Ci concentreremo perciò solo sulle vetture più recenti e che hanno rovinato con la loro mal riuscita linea più di una passeggiata al sottoscritto. Non c’è nulla da dire: un’auto brutta è come un brutto edificio, rovina ciò che gli sta intorno, rovina l’atmosfera, rattrista anche un po’. Siccome questo genere d’articoli mette sempre addosso una certa ansia di citare, un penoso desiderio di trovare nelle parole di qualcuno più grande di noi, che non si sia mai occupato di un argomento veramente spinoso come quello automobilistico, una rassicurazione che non si stanno scrivendo scempiaggini troppo esagerate, ma espressioni fisiche della morale, metto nero su bianco anche un pensiero, che starà a voi giudicare, di Thomas Mann.
ScrivereGuidare bene significa quasi pensare bene, e di qui ci vuole poco per arrivare ad agire bene
Cambiare scrivere con guidare è piegare un concetto che il secondo premio Nobel della pagina ha scritto nel libro preferito di chi scrive queste miserande parole, tuttavia crediamo sia comunque significativo. Ma approfondiremo il concetto in un altro momento, perché pare particolarmente interessante. Ci interessa ora semplicemente notare come se si accetta che fare qualcosa di bello, foss’anche guidare un’automobile, significa predisporre il proprio essere ad agire in maniera consona ad agire il Bene, potrebbe essere vero anche il contrario: guidare un’auto brutta rende persone peggiori.
Lasciamo questo ricchissimo ginepraio di idee balzane, che approfondiremo, e passiamo a una veloce lista dei veicoli che più ci hanno spaventato vedendoli per strada. Al lettore attento il compito di immaginarseli nei colori che meno l’aggradano.
La Suzuki Ignis è un’auto subdola: l’anteriore non è male -non troppo almeno- ma mano a mano che gli si gira intorno si viene catapultati in un mondo dove vengo a mancare le curve e le proporzioni, si torna in un tempo anteriore a Stonehenge. La linea si fa più povera, con una soluzione di raccordo tra finestrino e lunotto posteriore che per mancanza di grazia è secondo solo alla Panda. Quel che poi ferisce profondamente è l’uso di quelle tre feritoie o finte prese d’aria, non sapremmo definirle, che hanno semplicemente la funzione di distrarre dal fatto che la ruota posteriore quasi sporga dal veicolo. Ma qua sta l’abilità degli asiatici nel fare auto estremamente compatte, da ammirare la portiera: se non ci fossero le tre branchie arriverebbe direttamente al lunotto posteriore. Una nota a parte il colore: sono sempre bianche, che per un’auto che si chiama fuocoè tuto dire
La Cactus… una pura auto Citroen… avremmo potuto inserire anche la nuova Mehari, ma abbiamo preferito parlare di questa incredibile vettura. Ovviamente sono i cuscini laterali che colpiscono l’occhio, anche grazie ai colori sempre aggraziati scelti dai proprietari. Si tratta di un’auto talmente assurda che non sapiamo neanche come commentare. Perfino i cerchioni sono strani, perché farli così? Chi va a fare surf con una Cactus? Perché scegliere quel giallo lime per una pubblicità? Perché quei cuscini laterali? In caso di incidente dubito possano avere una rilevante funzione, forse nelle manovre mentre si parcheggia, bah…
Ossignur… Questo è quel che succede quando si vuole tornare indietro nel tempo a cercare ispirazione, ma invece che approdare negli anni ’60 e ammirare DB4 e DB5, si arriva nei ’70 e si copia la Lagonda trasformandola in un SUV. Andiamo con ordine, la Lagonda originale non era proprio un capolavoro di equilibrio ma aveva un suo fascino, l’interpretazione moderna perdeva questo fascino ma la linea conservava un po’ di originalità, il SUV no. Perché sporge così dietro? Sembra più un baccello da l’Invasione degli ultracorpi che un’auto. E la presa d’aria cromata perché è girata così? Se già la Lagonda era venduta solo per il mercato Mediorientale, questa a chi sarà destinata? Solo al Palm Jumeirah? Ci rifiutiamo ovviamente di commentare l’apertura delle portiere e i cerchioni, limitandoci a credere che debbano aver per forza inserito la formula di un frattale in una stampante 3d per ottenerli.