Quando l’Arte diventa un peso

Recentemente il tribunale di Bologna si è trovato a dover emettere una sentenza su un argomento caro ad ogni appassionato d’auto: se le auto possono o meno essere considerate opere d’arte. Ognuno potrà darsi la propria risposta, ma il tribunale ha emesso la sua, affermativa per essere precisi. Certo, si trattava di dover decidere se fosse opera d’arte o meno una delle vetture più famose del mondo: la Ferrari 250 GTO.

Tralasciando il nostro giudizio intorno a un così spinoso argomento, concentriamoci sulle implicazioni che una sentenza del genere potrà avere in futuro nel mondo dell’automobilismo. Prima di tutto occorre analizzare il perché del processo, intentano qualche mese fa proprio dalla celebre Casa di Maranello nei confronti di un produttore intenzionato a realizzare una serie limitata di vetture ispirate -con alcune modifiche- alla celebre Berlinetta Omologata. Poiché è permesso, avvalendosi della sola tutela data dal marchio, difendere un disegno ma non una variante con significative modifiche, sembrava in teoria possibile mettere in produzione auto dedicate alla mitica GTO.
Tuttavia Ferrari, che evidentemente non vuole proprio auto ispirate al proprio heritage, ha ricorso a una finezza giuridica: se la tutela del marchio non è sufficiente a proteggere le proprie vetture, occorre estendere la tutela. Fin qui semplice, ma questo passaggio prevede un fondamentale salto: per ricorrere alla tutela del diritto d’autore la vettura deve essere considerata opera d’arte.

Un semplice caso giudiziario risolto, con qualche titolo sui giornali. Però se si analizzano più attentamente le conseguenze che una sentenza del genere può portare negli anni futuri, si capisce la reale portata di questa “elevazione”. Evidentemente non è possibile bruciare un Da Vinci. E neppure collocare una statua all’esterno se questa rischia di rovinarsi. Giustamente. Però occorre aggiungere che occorrono iter burocratici molto impegnativi per poter effettuare restauri di palazzi storici, per aggiungere un bagno in una villa del Palladio -se fosse possibile farlo- occorrerebbero anni di battaglie burocratiche e legali. Cambiarne colore sarebbe impossibile.
E se queste idee venissero applicate così fermamente alle auto? Pochi anni fa una GTO si schiantò, distruggendosi per buona parte, in una gara storica. Se fosse considerata opera d’arte pari a un da Vinci sarebbe ancora possibile correre in pista? Beh il rischio di un incidente c’è sempre, sfortunatamente. Si correrà con repliche? E realizzate da chi, se Ferrari non ne darà il permesso? Questi, in estrema sintesi i nostri pensieri riguardo una troppo rigida protezione delle auto storiche.

Dunque, come per ogni cosa, sono le due facce della stessa medaglia. Da un lato ci potrebbe essere più difesa -ma difesa da chi? Imitazioni servili o omaggi di appassionati?- per le vetture storiche, dall’altro ci potrebbero essere pesanti limiti nell’uso e nella circolazione di vetture che sono nate per correre, o in generale per muoversi. In effetti una difesa così estensiva non proteggerebbe più le vetture d’epoca, che verrebbero drammaticamente sminuite della loro possibilità di esprimersi -come un quadro che da una chiesa viene traslato nella fredda sala di un museo- in ciò per cui sono state create.
Rimaniamo ora in ambiente ecclesiastico per una puntualizzazione: sono proprio le opere d’arte “religiose” a venire utilizzate per i loro scopi originari. Pensiamo ad alcuni paramenti, o alle tiare papali, fino alle grandi croci da processione. Spesso il materiale prezioso conta più della manodopera -fatto opposto a quello dell’opera d’arte diremmo- ma è innegabile che alcune di esse possano essere considerate opere d’arte. Occorrerebbe uno spirito simile anche per le vetture da corsa, con una consapevolezza che già è presente nel mondo delle competizioni storiche. Non stiamo affermando di dover usare la saliera di Cellini a tavola: occorre rimarcare il più possibile che le auto devono essere utilizzate per ciò per cui sono state fatte. Semmai si potrebbe incentivarne la mostra al pubblico, cosa che invece è per ora assolutamente poco sussidiata in Italia. Se lo Stato deve proprio fare qualcosa, certamente non deve limitare per il bene di non si sa chi la fruizioni di capolavori che comunque sono cosa diversa da quadri e statue.
Le auto non devono essere rilegate né nei musei né nei garage, vanno semmai protette contro norme sconsiderate che se limitano il traffico certamente non limitano la passione: l’auto va guidata.


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