L’attesa per il primo B-Suv della Casa del biscione è stata certamente frustrata da un’auto che evidentemente cede troppo alle politiche del gruppo, con un’architettura che tradisce la 2008 sottostante e alcuni particolari che sembrano presi pari pari dal gruppo Renault.
A lasciare particolarmente perplessi è il frontale, complesso e poco in linea con la semplicità Giulia e Stelvio, per non parlare poi del ritorno alla targa centrale.
Ma non siamo qui per commentare la nuova auto, ma per l’incredibile cambio di nome che il modello ha subito nella giornata di ieri. Dopo alcuni commenti del ministro Urso riguardo la scelta del nome Milano, che pure aveva trovato un relativamente ampio consenso presso gli Alfisti. Il motivo è presto detto: la Junior fu Milano sarà prodotta a Tichy, in Polonia, che non è esattamente il Portello, e il nome richiamerebbe in maniera furbesca un concetto di italianità non giustificato.
Ora, si sono sentiti commenti di tutti i tipi a riguardo, cerchiamo di fare un po’ di ordine:
- Non è la Sorento o la Capri. Che un’azienda americana o asiatica chiami le proprie auto come località di villeggiatura italiane -non cadetemi sull’Arona, è alle Canarie e senza il Sancarlone- storpiandone anche malamente il nome, è ben diverso dal chiamare un’auto italiana Milano e produrla in Polonia: nessuno va a pensare che Kia o Ford progettino o realizzino le proprie vetture in costiera amalfitana. Così come ben diverse sono le dediche ai circuiti, come la Bugatti Brescia o le varie auto intitolate Monza, per non parlare ovviamente di Stelvio e Tonale.
- E’ effettivamente sviante intitolare un’auto alla città che ha dato i natali all’azienda, ma che al momento non ospita alcunché di produttivo, di ingegneristico o di amministrativo: nulla di nulla se non il museo storico, che comunque è ad Arese. L’unico legame ancora vivo con la “città che chiamiamo casa” è la scelta di presentarci l’auto.
- Probabilmente il governo avrebbe anche chiuso un occhio sulla scelta del nome, ma non si può costruire buona parte della propria immagine sull’italianità (eccellenza italiana, amore per il made in italy, Tributo italiano, vittoria del made in Italy, solo per i comunicati stampa degli ultimi due mesi) e piazzare all’estero quello che probabilmente sarà il modello più venduto del marchio nei prossimi anni.
Insomma, un bel guaio per l’Alfa, che comunque ha ben gestito un’intromissione della politica che poteva sicuramente essere fatta con un po’ di anticipo rispetto al lancio del prodotto. Certamente non si tratta dell’ultimo braccio di ferro che vedremo tra Stellantis e il Governo nei prossimi tempi.
